Full interview, mostly about his coming out. I just love his interviews.
His answers are always so good.
"Quando ami sei l’agricoltore che aspetta il volgere delle stagioni, vede le cose crescere piano piano. Quando ami ci vai con le mani, nella terra."
That's beautiful.
Metti 48 ore a 20 gradi sottozero sul set del nuovo video. Nemmeno immaginarsi alle prese con un figlio gli sembra impossibile in questo momento di grazia: un album di successo, un diario appena uscito in libreria, un anno felicemente in coppia, senza nulla da nascondere o da negare a se stessi o al mondo. E una rivelazione da fare: l'amore è una cosa semplice. Non solo nelle canzoni.
Sarà che a 20 gradi sottozero l'inessenziale ghiaccia e poi scivola sullo sfondo: in situazioni estreme finisce che parli solo di quel che davvero conta. Per questo nei due giorni con Tiziano Ferro sul set del video del suo nuovo singolo, L’ultima notte al mondo, la nostra intervista diventa una chiacchierata intima. Nelle vallate innevate di Seefeld, nel Tirolo austriaco, sciatori e turisti osservano stupiti l’alieno coraggioso che, in mezzo a un battaglione di tute termiche e doposci, indossa scarpe leggere e una giacca da mezza stagione – esigenze di copione – e che, nonostante il freddo, sorride apparentemente felice: a poco più di un anno di distanza dal coming out di Tiziano, L’amore è una cosa semplice non è solo il titolo di un album da settimane in vetta alle classifiche e di un diario (appena pubblicato da Kowalski), ma una frase che suona come una rivelazione.
Guardandola riesco ancora a scorgere la linea sottile che separa il prima e il dopo.
Tutto comincia con L’ultima notte al mondo, che è anche il motivo per cui siamo qui. L’ho scritta nel gennaio 2010, quando una tempesta di neve bloccò l’Inghilterra, dove vivevo. In quei giorni, come tutti, sono rimasto chiuso in casa. E mi sono spaventato.
Perché?
Mi sono chiesto: che ci sto a fare qui, da solo? In analisi da due anni, ormai avevo capito che il punto di svolta per me era accettare la mia omosessualità e condividerla con le persone che amavo. Mi sono detto: adesso è solo una nevicata, ma se un giorno fosse qualcosa di grave?
Così ha parlato con suo padre...
Il quale mi ha detto: «Tu te ne devi fregare degli altri. Se vuoi un supporto, io sarò il tuo supporto». Mi è esplosa una bomba nel cervello: dopo anni di esilio volontario in Messico e in Inghilterra, all’improvviso parlare agli altri di me mi è sembrata la cosa più semplice e giusta da fare. Mio padre è stato un detonatore.
E sua madre?
Mia madre aveva già ricevuto dei messaggi (ride). Il difficile era creare una situazione di intimità: venivo poco in Italia, giusto a Natale e per i compleanni. Mio fratello Flavio, dieci anni meno di me, è stato l’ultimo con cui ho parlato ma anche il più fico di tutti. Ai ventenni non importa niente di queste cose: sono molto più avanti di noi.
Come hanno reagito i suoi amici?
Con sollievo. Mi nascondevo da anni, loro non sono mica scemi. Uno però mi ha detto: «Intuisco che tu abbia vissuto per anni nel dolore, e che sia stato il dolore a farti scrivere certe cose. Non temi che sciogliere questo nodo ti porti via la spinta creativa?».
In effetti a un certo punto pensava di chiudere con la musica.
Ma dopo la famosa nevicata, ho acceso l’iPod e ho visto che avevo inciso 15 canzoni nuove: il disco era già lì. Ho capito che il problema non c’era: anche gioia e bellezza t’ispirano, se hai occhi sensibili. Certo, quando sei felice esci con gli amici, quando sei triste ti chiudi in casa, e scrivi.
In modo tormentatissimo.
Ettecredo.
Ora i toni sono cambiati, ma parla sempre d'amore.
Sono un romantico convinto che vive per l’amore, lo sogna da sempre e per anni si è negato la propria identità sentimentale.
Somiglia a una tortura.
Però cantare le frustrazioni e la rabbia mi ha aiutato. La musica è uno spazio onesto, senza vincoli, e il mio era un codice che capiva molto bene chiunque vivesse un’inquietudine, non per forza simile alla mia. Mi scrivevano ragazze che avevano abortito e, sotto quel punto di vista, vissuto la negazione di un amore: «Mi riconosco in quel che canti», dicevano.
Le ci è voluto un bel po’, a uscire dall’isolamento.
Temevo di non essere abbastanza, temevo che i miei problemi appesantissero la vita dei miei amici.
Se potesse tornare indietro?
Sarei meno radicale. Per anni ho messo in freezer i rapporti di contenuto che avevo in Italia. A chi mi chiedeva come stavo dicevo: «Benissimo». Ecco: se un mio amico oggi mi rispondesse così, io non me lo farei bastare. Ma sono stato molto bravo: li ho lasciati tutti là, ad aspettare la versione giusta di me.
E il rapporto con il cibo? Lei viene da una lunga storia di bulimia.
Finalmente il cibo ha smesso di essere il surrogato di qualcosa ed è diventato un momento di condivisione. Ho cominciato a cucinare ed è una cosa che consiglio a tutti: ti libera dalle ossessioni, ti stanca, ti sazia anche un po’. Ma quando sono arrabbiato o triste, mi butto sulla vaschetta di gelato con voracità.
Tra il "prima" e il "dopo" le è cambiata anche la voce.
È al centro di tutto. Vicina al cuore, condizionata da come stai. A me la voce non va via quando ci sono 20 gradi sottozero né dopo cinque ore che canto. Va via quando partecipo a un funerale, se devo andare in ospedale. Se sono teso sale, se m’impaurisco si blocca. Mi va via se non so che dire.
Adesso, a quanto pare, lo sa bene.
È come se avessi pensato: adesso apro la finestra, e guardo fuori. Anche se qualche ombra nel disco ce l’ho lasciata volutamente, come nel brano La fine, per descrivere la rabbia che ho provato.
L’amore è una cosa semplice. Sicuro?
Sì, se non siamo noi a complicarcelo. È un mestiere su cui devi lavorare di pazienza. Non è un privilegio, non è un miracolo. È solo abilità, è far calare le difese, affidarsi. Se il tuo mantra è: «O mi si ama per come sono oppure niente, perché io non cambierò mai» non troverai chi voglia stare con te.
Invece?
Invece un po’ si deve cambiare, eccome. Invece ci si adatta: ma in maniera poetica, non triste. È chiaro che lo fai quando incontri una persona che se lo meriti, che sia abbastanza intelligente e abbastanza innamorata, che voglia fare lo stesso per te.
Mi faccia degli esempi.
Vivere assieme. Lavatrici. Fare la spesa. Dimenticarsi di una cosa perché pensi che per l’altro non sia importante, e invece lo è, e pagarne le conseguenze. Quando ami sei l’agricoltore che aspetta il volgere delle stagioni, vede le cose crescere piano piano. Quando ami ci vai con le mani, nella terra.
Ma a lei la fatica non dispiace, mi pare.
Parlando con i miei amici – con o senza figli – non ho mai conosciuto nessuno che vivesse le sue storie d’amore con la stupida semplicità che vedi nei film.
Ha una relazione stabile da un anno. Bilancio provvisorio?
Mi rende felice. E mi fa dannare.
Qualche angolo da smussare?
Nel mio compagno: è talmente beneducato che va quasi troppo in punta di piedi. Se non è invitato tende a stare in un cantuccio. Invece io gli dico: tu devi un pochino anche irrompere. Io ti chiedo di fare le cose in modo che io non scambi la tua riservatezza per mancanza di interesse.
Non è mica facile amare una star.
Le assicuro che, a parte i problemi legati al mio lavoro, io non sono una persona difficile. Specie adesso, che mi sono liberato di un bagaglio imporante.
Suvvia, un difettuccio ce l’avrà anche lei.
Tendo a sovrastrutturare pensieri che, a volte, non hanno bisogno di essere così contorti. Scambio una disattenzione per mancanza di contenuto, magari ci costruisco sopra una frattura e invece è una dimenticanza banale. E poi sono un disfattista. Mi rifugio negli assoluti: «Mai più», «sempre». La mia provocazione preferita: «Quando mi amavi non facevi così». Però lo dico ridendo.
Non ama le sfumature.
Per me è tutto bianco o nero. Io prendo posizione sempre, proprio come mio padre.
Che figlio è, Tiziano?
Con mia madre, protettivo. Ha sofferto molto: sono andato via di casa a vent’anni, con 500mila lire che ho usato per arredare un monolocale a Roma. Poi per dieci anni non ci sono più stato e mi sento in colpa, mi rendo conto che dobbiamo recuperare del tempo. Con mio padre è più facile. È schietto, positivo, un punto di riferimento vero. Non credo nell’amicizia tra genitori e figli, però lui è una buona interfaccia.
E che tipo di padre sarebbe lei, invece?
Ci pensavo proprio qualche giorno fa. Ho preso una cagnolina e la sto educando a non salire sul letto, a fare pipì sulla traversina, a comportarsi come un animale, non come la caricatura di un uomo. Riprendendo in mano il mio rapporto con una cuccioletta, mi sono detto: quando vado via mi manca un sacco. Quando sono con lei, mi emoziono. Ma se avessi un bimbo o una bimba, che cosa farei?
Le stesse cose, però amplificate.
Penso che ai miei figli impartirei disciplina, ma sempre con tenerezza e con amore.
Niente cani e niente bambini nel lettone.
È giusto. È una cosa che serve alla coppia. E anche ai bambini fa bene crescere da bambini. E poi con calma diventare adulti, e andarci a quel punto, nel lettone.
IL TOUR CHE VERRA' Prima data a Torino il 10 aprile:
«Avrò un bellissimo palco ma non vorrei cadere nella tentazione di dare troppo peso alla scenografia. In questo disco mi sono inventato un rapporto con la musica ruvida, quasi acustica: dal vivo non vorrei esagerare con l'elettronica e con il circo. Non sarà uno di quei tour in cui in ogni canzone vengo sparato nell'iperspazio».